Le modifiche alla legge n.111 del 9 agosto 2023, recante delega al Governo per la riforma fiscale sono state approvate con 92 voti favorevoli e 62 contrari dall'Assemblea del Senato. La modifica riguarda un solo articolo che, di fatto, modifica il principio di delega «sostituendo il principio della diminuzione dei limiti di giocata e vincita con il criterio di revisione dei predetti limiti, al fine di consentire al Governo di rendere più elastico il sistema dei limiti di giocata e vincita».
Per quel che riguarda le tempistiche di attuazione, già nel corso del passaggio alla Camera è stato modificato l'articolo 1, «prorogando il termine di scadenza della delega per l'attuazione della riforma fiscale da 24 a 36 mesi, decorrenti dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 111, quindi al 29 agosto 2026, e il termine di scadenza per la predisposizione di decreti legislativi integrativi e correttivi al 29 agosto 2028». Ciò significa che il Governo avrà più tempo per elaborare i decreti delegati per la riforma del sistema fiscale.
La nuova impostazione ha scatenato polemiche, soprattutto in tema di gioco pubblico. Alcuni esponenti dell'opposizione, come la senatrice Lorenzin, hanno affermato che, con le modifiche approvate, si aprisse la strada all'azzardo selvaggio. A queste critiche ha risposto il senatore Filippo Melchiorre (FdI) che ha ribadito come attraverso tali modiche «si rafforza il presidio dello Stato, si tutelano le fasce più fragili, in particolare i giovani, e si combatte la piaga dell'illegalità, dell'usura, del gioco sommerso».
Capitanio contro il Decreto Dignità
Se la questione sulla nuova riforma del gioco pubblico ha creato polemiche, altrettante continua a crearne il Decreto Dignità. A riguardo, in un recente intervento, Massimiliano Capitanio, commissario dell'Agcom, ha affrontato tale questione. L'analisi di Capitanio è partita dalle colpe del Decreto Dignità che, a causa del divieto di pubblicità, non permette al consumatore di distinguere tra gioco legale, autorizzato dallo Stato, e gioco illegale. Come ha sottolineato il dirigente questo settore è «gestito dalla criminalità organizzata e dalle mafie».
Altro problema individuato da Capitanio è «il nodo della sanzione unica da 50.000 euro, che colpisce indistintamente i colossi del web e i tabaccai di provincia, le mafie o uno sprovveduto ludopatico che pubblica video sui social». Capitanio ha affermato che già in Parlamento ha manifestato la sua perplessità circa l'efficacia di tale legge e che ora i problemi stanno venendo a galla.
Il dirigente ha citato una sentenza del Tar del Lazio che ha «ha sospeso l’efficacia di una sanzione da 157.000 euro inflitta a un content creator per aver pubblicato video con contenuti ritenuti promozionali del gioco d’azzardo, sollevando così dubbi sulla legittimità della soglia minima di 50mila euro prevista dal decreto Dignità. Nel caso specifico, il giovane sanzionato aveva percepito meno di 1.000 euro e i video avevano ricevuto poche visualizzazioni».
Su tale senza, Capitanio ha sottolineato come il Tar abbia ravvisato un possibile contrasto tra l’entità della sanzione e diversi principi costituzionali, tra cui il principio di uguaglianza, il diritto di proprietà e il principio di proporzionalità, rimettendone il giudizio alla Corte costituzionale.
Secondo Capitanio la grande contraddizione attualmente in atto è che lo Stato legittima il gioco legale, ma preclude ogni forma di comunicazione informativa che permette di distinguere il gioco legale da quello illegale.
La sua conclusione è chiara: «Servono regole chiare, certe e coerenti, capaci di tenere conto della realtà dei fatti e dell’equilibrio tra tutela dei diritti e sostenibilità del sistema regolato».