I vantaggi nascosti dei videogiochi e gli effetti sul cervello umano

Ultimo Aggiornamento 18 dic 2018
I vantaggi nascosti dei videogiochi e gli effetti sul cervello umano

I videogiochi rappresentano un fenomeno globale che raccoglie più di 1200 milioni di giocatori in tutto il mondo con proiezioni di vendita che supereranno i 100.000 milioni di dollari l’anno. Sono spesso finiti nell'occhio del ciclone e al centro di numerosi dibattiti, “accusati” di provocare violenza e dipendenza. Ma gli scienziati, che da più di tre decenni studiano e analizzano questo mondo, sono concordi nel dimostrare che i videogiochi sono apportatori di benefici nascosti, poco considerati fino adesso.

Studi di laboratorio, condotti da alcuni ricercatori, hanno rilevato un aumento del livello di aggressività di circa il 4% nei giocatori che si erano intrattenuti con giochi violenti.Esistono tuttavia altri studi che hanno dimostrato come fattori legati alla storia familiare, allo stato di salute mentale o semplicemente al sesso, (in particolare essere giocatori di sesso maschile), rappresentano elementi significativi nella determinazione dei livelli di aggressività. Ciò che è certo, è che la scienza non è riuscita ancora a trovare un nesso causale tra i videogiochi e la violenza nella vita reale.

Al di là di queste polemiche, esiste un’equipe di ricercatori che si sta occupando di studiare e analizzare i videogiochi sotto una luce diversa. Gli psicologi sono ancora divisi sulla questione che i videogiochi possono rendere una persona violenta. Il Dr. Henk ten Cate Hoedemaker è il protagonista del videogioco Underground. Si tratta di un gioco in cui il giocatore deve guidare un ragazzo e il suo robot portafortuna fuori da una miniera. A prima vista può sembrare un gioco come un altro, ma la sua funzione è un’altra e consiste nell’affinare le competenze del chirurgo Hoedemaker e dei suoi interventi laparoscopici. I giocatori usano controller adattati che servono ad imitare gli strumenti utilizzati in questo tipo di chirurgia, e quelli che lo fanno bene nel gioco, riusciranno a farlo ancora meglio nei test delle loro abilità chirurgiche.

In tutto il mondo, vari ricercatori si stanno cimentando nello studio di altri possibili benefici nascosti nei videogiochi. Presso l'Università di Ginevra, il professor Daphne Bavelier, sta cercando di confrontare le capacità visive dei giocatori con quelle dei non-giocatori. I soggetti coinvolti nell’esperimento, devono cercare di tenere traccia della posizione di vari oggetti in movimento. Si è scoperto che le persone che utilizzano regolarmente i videogiochi d'azione, hanno un rendimento nettamente migliore rispetto a quelli che non li utilizzano. La teoria di Bavelier è che i giochi d'azione veloci, richiedono al giocatore un cambio continuo di attenzione da una parte all’altra dello schermo, e inoltre deve prestare grande attenzione ad altri elementi che rientrano nell’ambiente di gioco. Tutto ciò rappresenta una sfida per il cervello e lo costringe a sviluppare l'informazione visiva in entrata in modo più efficiente.

Presso il Max Planck Institute for Human Development di Berlino, il professor Simone Kuhn sta studiando anche gli effetti dei videogiochi sul cervello. In uno studio, si è fatto ricorso alla tecnologia fMRI per studiare il cervello dei soggetti durante la riproduzione di Super Mario 64 DS, per un periodo di due mesi. Con grande sorpresa è risultato che tre aree del cervello, la corteccia prefrontale, la corteccia paraippocampale e il cervelletto, ossia quelle aree coinvolte nel movimento e nella motricità fine, risultavano rigenerate. Il visual design di questo gioco ha una caratteristica distintiva: un aspetto in 3D nello schermo superiore e uno in 2D in quella inferiore.Il professor Kuhn ritiene che il dover muoversi contemporaneamente in diversi modi, rappresenta ciò che provoca e stimola il cervello a rigenerarsi. Potremmo affermare che la parte più interessante della ricerca, sta riguardando l’esplorazione e lo studio del potenziale dei videogiochi per affrontare il declino mentale in età avanzata.

I giochi elettronici "brain training" hanno rappresentato a lungo un enorme richiamo popolare, non vi è alcuna prova consistente che partecipando a questi giochi non derivino altri effetti al di là del punteggio che si ottiene. Ma presso l'Università della California a San Francisco, il professor Adam Gazzaley e un team di game designer hanno creato un gioco con una differenza: il NeuroRacer. Rivolto a giocatori più anziani, richiede che gli individui maneggino una macchina mentre sono contemporaneamente impegnati ad eseguire altre attività. Dopo aver giocato a questo gioco per 12 ore, il professore ha scoperto che questi pensionati avevano migliorato le loro prestazioni al punto che i giocatori riuscivano a vincere persone di 20 anni più giovani e che giocavano per la prima volta. Riscontrò inoltre miglioramenti nella memoria durante il lavoro e maggiori capacità di concentrazione .Fondamentalmente, con ciò ha voluto dimostrare che l'aumento delle loro competenze potevano essere trasferite al mondo reale.

Per verificare se i videogiochi possono apportare benefici come è accaduto nei giocatori anziani, il programma Horizon della BBC ha ingaggiato un piccolo gruppo di volontari senior a Glasgow. Hanno imparato a giocare a un popolare gioco di un kart, per circa 15 ore ciascuno in cinque settimane. La loro memoria e il livello di attenzione sono stati testati prima e dopo l’esperimento. In media, entrambi erano aumentati del 30%. Anche se si è trattato solo di un piccolo test, ulteriori studi scientifici stanno continuando ad approfondire gli effetti dei videogiochi. Il professor Gazzaley crede che finalmente si stia cominciando ad apprezzare e sfruttare il loro potenziale .

Giada Benazzi

: Copywriter e Public Relation Specialist

Sono una copywriter specializzata nel settore dell'iGaming ed esperta in Big Data legati al gioco d’azzardo online. Mi occupo della redazione e revisione dei contenuti pubblicati nella sezione blog di Gaming Report, oltre ad effettuare ricerche e indagini di settore. Curo le relazioni pubbliche con i media italiani e internazionali, soprattutto in nazioni come Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti.