La storia del gruppo di studenti che mandò in tilt i casinò

Ultimo Aggiornamento 18 dic 2018
La storia del gruppo di studenti che mandò in tilt i casinò

Che faresti se avessi 18 anni, una mente brillante e un’invidiabile predisposizione per la matematica? La maggior parte forse deciderebbe di puntare tutto sulla carriera scolastica e poi, chissà, incrociare le dita per ottenere un lavoro redditizio, Non è la scelta che ha fatto Bill Kaplan a 18 anni, quando ha deciso di sfruttare le sue doti matematiche per giocare al blackjack.

Kaplan ride, ricordando la reazione di sua madre quando le aveva comunicato che avrebbe rimandato il suo ingresso ad Harvard per tentare la fortuna al gioco d'azzardo. "Oh mio Dio, questo è ridicolo! Cosa devo dire ai miei amici?" furono le sue parole. Il suo patrigno, si dimostrò completamente favorevole all’idea, e gli lanciò una sfida: "Giochiamo tutte le notti e dimostrami che si può vincere", disse. "L'ho schiacciato per 2 settimane di fila", ricorda Kaplan. "Ha detto a mia madre: non ci posso credere, ma lui può davvero vincere a questo gioco. Bisogna lasciarlo andare". "Così lei si è lasciata convincere, sono andato a Las Vegas e ho trascorso un anno lì”, prosegue Kaplan.

Era il 1977, e aveva letto diversi libri che promettevano e descrivevano un metodo infallibile per vincere al blackjack. Uno di questi era intitolato “Beat the Dealer: a Winning Strategy for the Game of Twenty-One”, che rimase un best seller quasi mezzo secolo dopo la sua pubblicazione. L’autore, Edward Thorp, professore di matematica presso il Massachusetts Institute of Technology, trascorse gran parte degli anni ‘50 studiando diversi sistemi che regolano il blackjack. Il giovane Kaplan ha progettato il suo metodo in base alle lezioni apprese da Thorp ed il suo metodo è utilizzato ancora oggi.

In soli nove mesi, Kaplan era riuscito ad accumulare 35.000 $ a Las Vegas da un investimento iniziale di 1.000 $, ma ben presto tornò all'ovile e si iscrisse ad Harvard. Non poteva saperlo ancora, ma era solo l'inizio.

Il caso volle che conoscesse un tale JP Massar, che aveva formato un proprio gruppo di giocatori, basandosi sulle tecniche di Kaplan e sui numerosi successi che aveva ottenuto in quel di Las Vegas. Massar gli propose se fosse disposto a trasferirsi ad Atlantic City per vedere giocare dal vivo i suoi compagni di squadra, e se fosse necessario, fornire dei consigli sulle modalità di gioco più adeguate. Kaplan accettò, ma ad una condizione: avrebbero dovuto abbandonare i loro metodi e, soprattutto, il loro individualismo e iniziare a comportarsi come se fossero parte integrante di una società fondata sull’utilizzo dei medesimi metodi di gioco. Inoltre, era importante tenere un registro con i dettagli di ciascuna partita, la descrizione dei casinò, il numero di giochi, le vincite e le strategie. Così, non solo si assicuravano che nessuno trattenesse soldi che non gli appartenevano, ma potevano inoltre sfuggire al controllo delle stesse sale da gioco, consapevoli del pericolo che potevano portare le loro tattiche, tra cui quello di vedersi negato l’accesso ai casinò (come è accaduto spesso nella loro storia). Era così nato il MIT Blackjack Team.

Il modello proposto da Kaplan e dai suoi amici del MIT, all’apparenza può sembrare semplice ma è più complessso di quanto si possa pensare. Il principio fondamentale su cui si basano tutte le strategie del blackjack è il conteggio delle carte. E’ cosa risaputa che le carte più alte vanno a favore del banco e le più basse del giocatore; se si riuscisse ad individuare le carte mancanti, si potrebbe agevolmente decidere se puntare ancora con forza, - perché si hanno a disposizione più probabilità -, oppure ritirarsi. Naturalmente, il sistema applicato era più complesso e richiedeva una grande preparazione mentale e, anche in questo caso, il destino rappresentava un fattore essenziale.

L'applicazione del metodo permetteva un guadagno medio di circa $ 162,5 $ all’ora

I membri del gruppo applicavano altre strategie che richiedevano grande agilità mentale, come “il monitoraggio degli assi” (il che implica memorizzare le altre carte che sono uscite simultaneamente con l'asso nell'ultima mano per sapere quando ciò si può verificare) o il modo di mischiare le carte.

La grande memoria e la rigorosa applicazione delle regole del gruppo non erano gli unici requisiti. Mike Aponte, un membro del gruppo, ha dichiarato in un'intervista rilasciata alla BBC che "la cosa più importante era sentirsi a proprio agio e sopportare psicologicamnete il fatto di essere al centro dell’attenzione, perché il denaro attira l'attenzione".

Il nemico numero uno era l’occhio nel cielo (Eye in the Sky), il nome con cui si conosce il sistema di supervisione dei grandi casinò. Nel 1984, tutti i casinò conoscevano Kaplan, quindi è stato necessario formare uno staff fino a 35 giocatori. Naturalmente, il sistema non ha permesso alla MIT Blackjack di vincere sempre, ma ha offerto ai suoi componenti una percentuale molto più alta di reddito che il caso possa portare in sé, calcolando che riuscivano a vincere 162 dollari e mezzo l’ora.

Dal club universitario all’impresa

Gli anni ottanta furono un decennio prodigioso, ma la svolta avvenne negli anni ‘90. Nel 1992, con l'industria del gioco in piena espansione e la nascita dei mega casinò, per Kaplan & Co. si presentò la possibilità di spingersi oltre.

Nel giugno di quell’anno, Kaplar, Massar e John Chang, uno studente di Harvard che si era unito ai due leader alla fine del 1980, hanno creato una società per azioni con un capitale iniziale di un milione di dollari, sotto il nome di Strategic Investments, finalizzato alla formazione e sviluppo di gruppi di giocatori che si dedicavano al gioco del blackjack negli USA. L'organizzazione forniva grandi quantità di denaro (le stime parlano di circa 40.000 $) agli studenti, che avevano la missione di moltiplicarlo e, come da prassi segnalare gli incassi alla società..

I gruppi questa volta erano formati da tre persone: il giocatore, l'osservatore e il controllore. L'osservatore doveva tenere traccia delle carte e avvisare il giocatore quando i dati risultavano favorevoli alla puntata, mentre la missione del controllore era quella di realizzare piccole scommesse e passare inosservato durante la verifica delle informazioni fornite dall'osservatore.

Questa suddivisione dei compiti era fondamentale non solo perché facilitava il lavoro del giocatore, ma perché alcune leggi avevano vietato l'espulsione di contatori di carte, ma non dei giocatori .

Erano gli anni d’oro della Strategic Investement, ma anche degli eccessi. Come spiega Aponte, alcuni compagni furono espulsi dall'organizzazione dopo aver dimenticato tutti i soldi guadagnati o aver applicato le conoscenze acquisite per fini personali, rendendoli visibili e vulnerabili.

Al suo zenit, l'azienda era composta da 30 persone che giocavano allo stesso tempo in tutto il paese. Questa è una delle cause che provocò il declino della società: nonostante i numeri siano sempre stati positivi, la distribuzione di denaro tra tanti membri e il mantenimento dell'organizzazione (giorno dopo giorno era sempre più difficile trovare casinò dove non fossero conosciuti) portò Kaplan alla decisione di sciogliere la società in quanto avrebbe preso molto più soldi investendo nel settore immobiliare. Nel dicembre 1993, circa un anno e mezzo dopo la sua fondazione, la Strategic Investement ripartì gli utili e venne sciolta.

Nel corso degli anni, il MIT Blackjack Team è entrato a far parte del mito americano grazie alla spinta esercitata dal cinema. L’epopea del MIT è stata immortalata in un lungometraggio di Robert Luketic, “21 BlackJack”, basato sul libro “Bringing Down the House: The Inside Story of Six MIT” di Ben Mezrich. Alcuni dei membri del Mit hanno capitalizzato al massimo la popolarità mediatica, come nel caso dello stesso Aponte, che ha fondato insieme con il collega giocatore David Irvine il Blackjack Institute.

"Abbiamo ottenuto qualcosa che pochissime persone hanno raggiunto", ha dichiarano Aponte in una recente intervista rilasciata alla BBC. "Tutti sanno che la regola d'oro è che non si può battere il banco per molto tempo, ma questo è esattamente quello che abbiamo ottenuto”.

Giada Benazzi

: Copywriter e Public Relation Specialist

Sono una copywriter specializzata nel settore dell'iGaming ed esperta in Big Data legati al gioco d’azzardo online. Mi occupo della redazione e revisione dei contenuti pubblicati nella sezione blog di Gaming Report, oltre ad effettuare ricerche e indagini di settore. Curo le relazioni pubbliche con i media italiani e internazionali, soprattutto in nazioni come Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti.