Tecnodipendenza: l'evoluzione di una patologia propria dell'era digitale

Ultimo Aggiornamento 18 dic 2018
Tecnodipendenza: l'evoluzione di una patologia propria dell'era digitale

Che cosa è la tecnodipendenza? Come si manifesta? Quali sono i comportamenti più comuni di dipendenza? Chi è più a rischio? Come prevenirla? Sono alcune delle domande cui diversi specialisti stanno cercando di fornire delle risposte.

Anna è una donna che ha già superato i 40 anni, lavora come dirigente in un Istituto Sociale. Usa due cellulari, un tablet, e non si stacca mai da questi dispositivi nemmeno durante le riunioni di famiglia. Li controlla in continuazione, risponde, parla, ricerca dati e informazioni. Dorme persino con questi dispositivi, dice che "rappresentano l’estensione del suo braccio". Per lei questo è un comportamento normale e questi rappresentano il suo mezzo di comunicazione durante lo svolgersi della sua giornata, lavorativa e non. Può essere considerata una dipendente?

Leticia Luque, Dottoressa in Scienze della Salute, psicologa, direttrice del Programma di Ricerca della Dipendenza all’UNC, si occupa di queste problematiche da oltre 20 anni, e spiega che questo fenomeno si verifica attraverso "l'uso patologico della cosiddetta tecnologia dell'informazione e della comunicazione o ICT". E aggiunge che "si tratta di un modello di comportamento che provoca disagio e ha effetti negativi sulla vita del soggetto che assume questo comportamento" .

Lo psicologo Juan Carlos Mansilla, direttore del Program Change (dal 1989 collabora con l’università di Córdoba nel campo di vari tipi di dipendenze), ha affermato che "negli ultimi anni i comportamenti legati alla tecnodipendenza hanno cominciato a manifestarsi più frequentemente". Tuttavia, chiarisce, quando vengono stilati report epidemiologici sui comportamenti di dipendenza, questi il più delle volte, trascurano di pubblicare quelli legati alle nuove tecnologie. “In molti dei manuali di psicologia, anche in quelli recentemente aggiornati, non compare questa forma di dipendenza", afferma.

Alcuni specialisti hanno giustificato questa “mancanza” affermando che la tecnodipendenza, è un argomento in piena discussione, e anche se non compare nei manuali di psicologia, non significa che viene scartata dagli studi clinici come potenziale forma di dipendenza.

Il profilo del tecnodipendente

Il concetto di tolleranza, - che è sempre più relazionato alla tecnodipendenza -, è il primo componente cui deve essere rivolta l’attenzione, afferma la dottoressssa Luque, per poi chiarire che non si sta parlando delle persone che lavorano ore ed ore a contatto con la tecnologia, ma di coloro che la usano durante il loro tempo libero. L'altro aspetto è la "sindrome di astinenza", che si manifesta quando sopraggiunge l'incapacità di interagire con la tecnologia nel modo in cui si è soliti farlo, dovuta a interruzioni di corrente, la mancanza di accesso al Wi-Fi, un mal funzionamento della linea internet, o ad altre situazioni.

La psicologa afferma che da un lato, ci sono i “tecnofobi”, che sono angosciati dal fatto di dover utilizzare un dispositivo tecnologico e non vogliono usare uno sportello bancomat per paura di fare errori. All'altro estremo troviamo coloro che quando dimenticano il telefono sentono crollargli il mondo addosso. L'ansia è il fattore comune che collega entrambe le situazioni.

"Nella persona che si sente gratificata nell’utilizzare continuamente Internet per cercare informazioni o leggere la posta elettronica, o che controlla sempre il suo cellulare, si produce quello che viene chiamato rinforzo positivo. Quando si inizia ad assumere questo tipo di comportamento non tanto per puro piacere, ma perché è quasi un dispiacere non farlo, si attiva quello che viene chiamato rinforzo negativo, e in questo caso stiamo parlando di un comportamento di dipendenza", sottolinea il suo collega, dott. Mansilla.

Sono diversi gli esperti che sostengono che l’uso eccessivo della tecnologia non è esclusivo degli adolescenti, come molti credono. Negli ultimi anni, l’1-2% dei genitori dimostra preoccupazione per l'uso smodato da parte dei loro figli adolescenti. Ma ci sono persone tra i 30 e i 40 anni che trascorrono ore ed ore nel gioco su internet, sacrificando la possibilità di utilizzare quel tempo con le loro famiglie. Questo riporta ad un altro terreno, dove la tecnologia si è dimostrata fertile, cominciando ad esercitare una certa influenza negli ultimi anni: la propensione patologica del gioco d'azzardo, conosciuta anche come ludopatia, è un disturbo del comportamento già incluso nei manuali di psicologia.

La tecnologia online è diventata un mezzo molto importante per soddisfare le necessità del gioco, rafforzato da altri media come la televisione, dove invece di guardare una partita di calcio, alcuni preferiscono seguire i tornei di poker. coloro che finanziano questo tipo di programmi, sono operatori di gioco online, di cui questo fenomeno si nutre”, prosegue l’esperto.

Le persone che danno priorità al gioco online in preda all’adrenalina, si ritrovano all’interno di un sistema competitivo, che aumenta il loro livello di soddisfazione quando raggiungono l’obiettivo previsto dal gioco.

Alcuni giocatori rimangono intrappolati in quel mondo, si sentono soddisfatti, trascurando la socializzazione nel mondo reale, che col passare del tempo apparirà loro sempre più sconosciuto. In alcuni adulti in cui si è riscontrata dipendenza da Internet: si tratta di una condotta ripetitiva trasmessa dal ciberspazio, come ad esempio la dipendenza dalla pornografia o la necessità persistente di gratificazione attraverso scene di sesso esplicite", ha spiegato Mansilla .

La dipendenza patologica causata da casinò online, slot machine o poker è un altro caso tipico in cui Internet agisce come canale e non la dipendenza in sé, esemplifica il professionista.

La dottoressa Luque, intanto, sostiene che la dipendenza è in realtà definita dalle sue conseguenze negative. E poi formula una sorta di mini decalogo dei sintomi della tecnodipendenza:

Negare: la persona non ammette di avere problemi con la tecnologia

Disturbi del sonno: “il dipendente” si addormenta con la TV o guarda in continuazione il cellulare (non riesce a spegnerlo né tenerlo lontano da sé). La giustificazione di solito è: "Lo lascio acceso nel caso si verifichi una situazione di emergenza".

Limitate relazioni sociali

Durante le riunioni di famiglia o con gli amici, il tecnodipendente tiene il cellulare in mano con “la testa nel dispositivo” senza prestare attenzione o partecipare a ciò che dicono o fanno gli altri. Preferisce dare priorità al contatto virtuale piuttosto che a quello faccia a faccia con i suoi interlocutori.

A questo punto, la Luque sottolinea che "la perdita o la modificazione delle relazioni sociali sono un forte sintomo di tutte le dipendenze, ma nella tecnologia ancora di più, perché la persona ha l'illusione che di non aver perso il contatto, così che cambia o altera le relazioni faccia a faccia per prediligere quelle online".

Arto fantasma

Il dispositivo diventa così essenziale per il corpo che al separarsene genera strani fenomeni come ad esempio avere la sensazione che il telefono cellulare sta vibrando in tasca, quando in realtà il dispositivo non si trova in tasca. Esiste una completa dipendenza non solo fisiologica, ma soprattutto psicologica.

Raul Gomez, coordinatore dell'Unità di Studi Epidemiologici di Salute Mentale della Facoltà di Psicologia dell'Università degli UNC che si occupa di tossicodipendenza e dipendenze, osserva che "ci sono fattori personali e soggettivi, che propiziano gli usi compulsivi di Internet". Tra questi fattori, Gómez include: bassa autostima, scarse abilità sociali, timidezza, depressione e nevrosi.

Le reti sociali

Negli studi sulle dipendenze tecnologiche, rientrano quelli riferiti a Internet e più in specifico ai social network: Facebook è quello più studiato. Nel 2014, il social ha registrato in Argentina 24 milioni di utenti, seguito da Twitter con 4,7 milioni. Poi Google+, LinkedIn, Instagram , Pinterest e Tumbrl, disposti in ordine gerarchico di utilizzo.

Uno degli studi è stato realizzato utilizzando una scala psicometrica, progettata dai ricercatori di Córdoba, ed ha coinvolto 870 studenti universitari utenti di Facebook, di età compresa tra i 18 e i 22 anni di entrambi i sessi. I risultati hanno mostrano una forte correlazione tra il punteggio totale ottenuto dai soggetti e il livello di dipendenza da questo social network. 

Per quanto riguarda WhatsApp, nessun criterio di dipendenza: su 300 persone si sono verificati solo 3 casi. "Questo ci ha sorpreso perché pensavamo che fossero di più. La maggior parte ha ammesso che la utilizza per comunicare", afferma Luque.

Di fronte alla marcata espansione dei social network, Mansilla sottolinea la necessità di rafforzare le forme tradizionali di comunicazione tra le persone:

"Molto del sociale che esiste su Internet risiede in parte nell’immaginazione degli individui. I social network, per esempio , sono molto utili quando sono legate alla crescita parallela delle relazioni interpersonali nel mondo reale, ma quando soppiantando questa forma di interscambio, si trasformano in un mondo chiuso in se stesso, che paradossalmente, invece di facilitare la socializzazione la ostacola".

Uno sguardo culturale

Georgina Remondino, specializzata in Comunicazione Sociale, si è occupata per 15 anni di studiare il rapporto giovani-nuove tecnologie da un punto di vista socio-antropologico: questa sostiene che la tecnodipendenza è una branca della psicologia.

Dal punto di vista della sua disciplina, la forte appropriazione delle risorse tecnologiche da parte degli individui porta ad indagare come questo fenomeno richiede di rivedere i modi di fare e di vivere nelle società contemporanee.

La ricercatrice mette in evidenza che "esiste un mercato della tecnologia ma anche interventi che creano un immaginario nella nostra vita, al di là della semplice presenza dei dispositivi che sono alla nostra portata".

In questo senso, Remondino si propone di indagare su una serie di interrogativi: "perché i soggetti hanno somatizzato così bene l’uso di telefoni cellulari, social network, e di tutto ciò che fa parte della tecnologia mobile? Fino a che punto la società si è evoluta per accettare l’uso di questi strumenti in qualsiasi attività quotidiana? Le nuove tecnologie consentono di personalizzare i consumi e allo stesso tempo di uscire dall’ anonimato, permettono agli individui di sentire che sono una persona all'interno di un tutto e che fanno parte di un sistema sociale e non sono isolati”.

A questo punto, tenta di fornire una risposta sulla preponderanza raggiunta dall’ICT nella vita delle persone: "Uno dei fenomeni di quest’epoca è rappresentato dalle ansie generate dal non sentirsi parte di un tutto, una situazione che le tecnologie hanno risolto, in particolare la tecnologia 2.0. Questa è la chiave del loro successo".

Quando si riferisce più specificamente al tema dello studio giovani e rapporto con le tecnologie, Remondino ritiene che gli strumenti forniti dallo sviluppo tecnologico creano spazi importanti di socializzazione. "Le chat rappresentano una nuova alternativa per socializzare, poi con l'avvento dei social network sono apparse altre risorse che hanno plasmato nuovi modi di stabilire legami", afferma la ricercatrice.

"Le nostre abitudini sono sempre canalizzate dalle tecnologie. Ma nel caso dei giovani è un momento vitale che non è legato all’ambito lavorativo, o ad attività produttive, quindi hanno un altro modo di approcciarsi alla tecnologia rispetto agli adulti legato a situazioni che influiscono indubbiamente sulla socializzazione", dice.

Per determinare se la presenza tanto estesa delle tecnologie si traduce in un impatto positivo o negativo sulla società, occorre realmente vedere come le cose sono cambiate in ogni persona. "Se ci si riferisce ad un giovane introverso che trova nella tecnologia un significativo mezzo per attutire la timidezza, la paura o l’ansia che gli provoca la presenza di altri, aiutandolo a facilitare le relazioni, si tratta di un impatto positivo. Ma se i giovani socializzano solo ed esclusivamente attraverso la tecnologia, perché non hanno sviluppato altre risorse che limitano la paura di relazionarsi con gli altri, in questo caso hanno un impatto negativo", prosegue .

Conseguenze sulla salute

Ma al di là degli effetti psicologici e culturali derivanti da un uso eccessivo della tecnologia, dobbiamo anche prendere in considerazione l'impatto sulla salute in generale. In questo senso, l'agenzia Telam ha recentemente rilasciato una serie di rapporti medici in cui i soggetti hanno presentato problemi come l'affaticamento degli occhi, la mancanza di lubrificazione negli occhi, dolore al collo, mal di schiena e microtraumi generati dall'azione sostenuta nel corso di molte ore di battitura, utilizzando il mouse o digitando sullo schermo del telefono.

Loretta Magallanes, esperta in comunicazione, che si occupa di attività di ricerca sul mondo della comunicazione digitale, ha individuato in questo campo problemi di tecnodipendenza. "Si può notare - ha affermato l'esperta- come le tecnologie hanno modificato i ritmi e livelli di produzione sul posto di lavoro. Tra le esperienze analizzate, lo stress sarebbe generato più dal cambio nei ritmi di lavoro che dall’uso di nuove tecnologie".

Anna, l’impiegata dell’Istituto Sociale che non si stacca nemmeno per un minuto dal suo cellulare e dal suo tablet, dovrebbe riflettere, come molti altri, sul modo in cui la tecnologia ha modificato le sue abitudini quotidiane. Nel frattempo la scienza continuerà a studiare l’evoluzione di una patologia propria dell’era digitale. Le nuove tecnologie rappresentano preziosi punti di contatto tra gli esseri umani, nonostante il contatto diretto e le interazioni faccia faccia sono quelle differenziano le persone dai dispositivi.

Giada Benazzi

: Copywriter e Public Relation Specialist

Sono una copywriter specializzata nel settore dell'iGaming ed esperta in Big Data legati al gioco d’azzardo online. Mi occupo della redazione e revisione dei contenuti pubblicati nella sezione blog di Gaming Report, oltre ad effettuare ricerche e indagini di settore. Curo le relazioni pubbliche con i media italiani e internazionali, soprattutto in nazioni come Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti.